ABRUPTO

9.8.06


EARLY MORNING BLOGS
836 - Proserpina, Cyane Libro V - vv 385-520

Né l'Aurora dai capelli freschi di rugiada,
non Espero la vide mai in riposo,
andò con due torce di pino accese
nel fuoco dell'Etna, lungo le gelide notti,
quando la dolce luce oscura le stelle.
E sempre cercava la figlia dal sorgere
Al tramonto del sole; e stanca, arsa di sete,
dai aveva bagnato le labbra ad una fonte,
vide una capanna dal tetto di paglia
andò subito a battere alla piccola porta.
Ina vecchia venne ad aprire, e alla dea
che chiedeva da bere, offrì dell'acqua dolce
da lei preparata con il grano cotto.
E mentre beve, un fanciullo senza grazia in volto,
anche audace, si ferma davanti alla dea,
e la deride dicendole: «Avida!» E la dea offesa
riversa sul fanciullo ciò che ancora restava
dell'acqua mescolata al grano. E subito quel volto
si copre di macchie, e le braccia diventano gambe,
e la coda s'aggiunge alle membra mutate,
e il corpo (perché non abbia molto potere nel male)
si contrae in piccola forma: non più lungo
d'una lucertola. E la vecchia, stupita, piangendo
vuole toccare il mostro che fugge e si nasconde:
il mostro ha un nome che s'addice al suo colore,
screziato sul corpo di macchie variopinte.

(Continua)

(Salvatore Quasimodo, Dalle "Metamarfosi" di Ovidio)

*

Bom dia!

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© José Pacheco Pereira
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